IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso proposto Amerio
 Marica, Bavaresco Luigi, Pagani Marco,  Anguissola  Scotti  Isabella,
 Bosi  Franca,  Prandini  Aldo,  Baffi  Claudio,  Sarra  Pier Giacomo,
 Vercesi Alberto, Gatti Marina, Marudelli Mariangela, rappresentati  e
 difesi  dall'avv.  Stefano  Asmone  e  domiciliati nello studio dello
 stesso, in Parma, via Tommasini,  18;  contro  il  Magnifico  rettore
 dell'Universita'  Cattolica  Sacro  Cuore  di  Milano e l'Universita'
 Cattolica Sacro Cuore di Milano,  non  costituiti  in  giudizio;  per
 l'accertamento   del   diritto  dei  ricorrenti  alla  corresponsione
 dell'aumento stipendiale periodico maturato nel corso del 1993, dalla
 data di maturazione al 31 dicembre  1993,  nonche'  per  la  condanna
 dell'amministrazione    resistente   al   pagamento   degli   importi
 conseguentemente dovuti;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Vista la memoria prodotta dai ricorrenti a sostegno  delle  proprie
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito alla pubblica udienza del 24 ottobre 1995 l'avv. Asmone per i
 ricorrenti;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   I  ricorrenti  lamentano  la mancata corresponsione, durante l'anno
 1993,  dell'aumento  biennale  di  stipendio  maturato  a  favore  di
 ciascuno di essi nel corso dello stesso anno.
   Tale  mancata corresponsione e' stata determinata dall'applicazione
 dell'art. 7 legge n. 438/1992,  ai  sensi  del  quale  le  norme  che
 comunque  comportino  incrementi  retributivi,  quale  conseguenza di
 automatismi stipendiali, non devono trovare applicazione  per  l'anno
 1993.
   La disciplina del trattamento economico dei professori universitari
 e  dei  ricercatori  universitari  (ai  quali  ultimi  sono  altresi'
 equiparati, quanto al trattamento economico, gli assistenti del ruolo
 ad esaurimento)  prevede  una  progressione  economica  sviluppantesi
 dapprima in classi biennali e quindi in scatti biennali.
   Ne  consegue  che professori, ricercatori e assistenti universitari
 godono tutti, ad anni alterni, di aumenti  retributivi.
   Ovviamente, la decorrenza di tali aumenti avra' inizio nel corso di
 anni di numero dispari per il personale nominato in ruolo in un  anno
 dispari  e  nel corso di anni pari per il personale nominato in ruolo
 in un anno pari.
   Il  "congelamento" degli aumenti retributivi biennali per la durata
 di alcuni  mesi  ha  comportato,  naturalmente,  un  contenuto  danno
 economico  per  ciascuno  degli  interessati  (dell'ordine  di alcune
 centinaia di migliaia  di  lire  di  mancata  retribuzione),  che  ha
 esclusivamente  colpito,  ripetesi,  il  personale assunto negli anni
 dispari.
   Di qui l'attuale ricorso, che si fonda sulla assunta illegittimita'
 costituzionale (per contrasto con l'art. 3 Cost.) dell'art.  7  della
 legge n. 438/1992.
   Si  costituiva  in giudizio per resistere l'Universita' degli Studi
 di Parma.
   In   prossimita'   dell'udienza   di   discussione   i   ricorrenti
 depositavano una memoria a sostegno delle proprie difese.
   All'odierna pubblica udienza la causa veniva chiamata e ritenuta in
 decisione.
                             D i r i t t o
   Gli  odierni  ricorrenti,  professori  di  prima  e seconda fascia,
 assistenti  e  ricercatori  in  servizio  presso  l'Ateneo  parmense,
 chiedono che, previa sospensione del giudizio e rimessione degli atti
 alla  Corte costituzionale per la dichiarazione della lillegittimita'
 costituzionale dell'art. 7, terzo comma, del d.-l. 19 settembre 1992,
 n. 384 convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, sia accertato il
 loro diritto alla percezione  degli  aumenti  periodici  biennali  di
 stipendio,  e  degli  aumenti  periodici  di  competenza dell'assegno
 aggiuntivo,  maturati  nel  corso  del   1993,   e   sia   condannata
 l'amministrazione   universitaria   al   pagamento  delle  differenze
 retributive dovute, con rivalutazione monetaria ed  interessi  legali
 dalla maturazione delle singole mensilita' al saldo.
   La  menzionata  disposizione stabilisce che, in materia di pubblico
 impiego, "per l'anno 1993  non  trovano  applicazione  le  norme  che
 comunque   comportano   incrementi   retributivi  in  conseguenza  di
 automatismi stipendiali...".  Tra queste, dunque,  anche  quelle  che
 prevedono  aumenti  periodici  automatici delle competenze economiche
 dei pubblici dipendenti.
   L'eccezione di  incostituzionalita'  e'  sollevata  in  riferimento
 all'art.  3 della Costituzione, sotto il profilo della ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  rispetto  ai   colleghi   che   maturano
 incrementi  retributivi  automatici  in  anni diversi dal 1993 e che,
 pertanto, non subiscono  alcun  pregiudizio  dall'applicazione  della
 disposizione in commento.
   Secondo  l'amministrazione  la diversa collocazione temporale della
 nomina,  e  quindi  della  maturazione  del  diritto   all'incremento
 retributivo,  costituiscono sufficienti elementi differenziali tra le
 situazioni poste a raffronto: il fattore temporale legittima  infatti
 il differente trattamento normativo (ed economico) di fattispecie per
 altri versi assimilabili. La tesi e' esposta in sede di controricorso
 ad  analoga  pretesa  (n.  324/1994).  La  questione  e'  palesemente
 rilevante ai fini del giudizio in corso, poiche' la applicazione  del
 contestato  disposto  normativo  preclude, fino al 1 gennaio 1994; la
 erogazione  dell'aumento  stipendiale  maturato  nel   1993   che   i
 ricorrenti pretendono in questa sede.
   Inoltre,  essa  non  e' manifestamente infondata, come emerge dalle
 considerazioni che seguono e che inducono la  Sezione  a  trasmettere
 gli  atti  processuali  alla Corte costituzionale e ad attenderne una
 pronuncia in merito.
   Se  e'  vero che la Corte costituzionale ha ritenuto che il fattore
 temporale puo' costituire valida ragione di differenziazione ai  fini
 della  applicazione,  o  meno,  di  benefici  contrattuali,  non puo'
 ignorarsi la peculiarita' della presente fattispecie, in cui esso non
 viene preso in considerazione dal legislatore al fine di stabilire la
 decorrenza  di  un   diverso   trattamento   economico,   ovvero   di
 ricollegarlo  ad  una  determinata  anzianita' di servizio, bensi' al
 fine di differenziare il trattamento medesimo  in  relazione  ad  una
 qualita' (pari o dispari) degli anni di nomina del tutto indifferente
 alla  loro  posizione  (anteriore  o  posteriore)  nella  successione
 cronologica.
   Tale e' infatti l'inevitabile risultato  del  meccanismo  riduttivo
 previsto  dall'art.  7  terzo  comma della legge n. 438/1992 (mancata
 erogazione  per  il  1993  degli  incrementi  stipendiali  automatici
 maturati  nel  solo anno 1993), attesa la periodicita' biennale degli
 aumenti stipendiali bloccati.
   Cosi', i dipendenti che hanno maturato gli aumenti nel 1992  e  nel
 1994   (siccome  nominati  in  anni  pari)  non  hanno  subito  alcun
 differimento nella erogazione dei  relativi  incrementi  retributivi,
 mentre  tutti  i  dipendenti  che  hanno  maturato l'aumento nel 1993
 (cioe' quelli nominati in anni dispari) si sono visti differire al  1
 gennaio  1994  la  decorrenza  del miglioramento retributivo (con una
 perdita che va dalla differenza retributiva corrispondente  a  dodici
 mensilita',  per  coloro  il  cui  aumento  biennale  avrebbe  dovuto
 decorrere dal gennaio 1993, ad una differenza corrispondente  ad  una
 sola mensilita', per quanti avevano maturato l'aumento con decorrenza
 dal dicembre). Sembra al collegio del tutto irrazionale che una parte
 del  personale  subisca  per  alcuni  mesi  un  trattamento economico
 deteriore in relazione alla circostanza che la sua nomina abbia avuto
 luogo in un anno dispari, laddove in tale decurtazione non incorre la
 restante parte, nominata in un anno pari.
   La disparita' del trattamento economico infatti non si ricollega ad
 alcuna diversita', ancorche' casuale  (es.  priorita'  della  nomina,
 anzianita'  di servizio ...) delle situazioni considerate, ma investe
 posizioni giuridiche assolutamente  identiche,  in  relazione  ad  un
 criterio  (parita'  o  disparita'  dell'anno  di nomina) che non puo'
 identificarsi  con  il  fattore  temporale  considerato  dalla  Corte
 costituzionale,  secondo  la quale il fluire del tempo costituisce di
 per se' elemento diversificatore, proprio perche'  non  ha  carattere
 cronologico  (di  priorita'  o  posteriorita'  rispetto  ad  una data
 stabilita) ma casuale ed alterno (un anno si e uno no).
   Poiche' secondo la  consolidata  giurisprudenza  costituzionale  il
 principio  di  uguaglianza  va  inteso  nel senso che ad identita' di
 posizioni soggettive  ed  oggettive  deve  corrispondere  parita'  di
 trattamento  legislativo,  il  collegio  ritiene  non  manifestamente
 infondata la dedotta questione di  incostituzionalita'  dell'art.  7,
 terzo  comma,  della  legge  14  novembre  1992  n. 438, in relazione
 all'art. 3 della Costituzione.
   Rinviando, dunque, ogni pronuncia in rito, nel merito e sulle spese
 processuali, va sospeso il  giudizio,  disponendosi  la  trasmissione
 degli  atti,  a cura della segreteria della sezione, alla cancelleria
 della  Corte  costituzionale,  affinche'  quest'ultima   esamini   la
 sollevata questione di legittimita'.